Imatinib generico — Nel 2015 un “nuovo” inibitore della tirosino chinasi come farmaco di prima linea per il trattamento della Leucemia Mieloide Cronica.

 Carlo Gambacorti-Passerini, MD1,2; Rocco Piazza, MD, PhD1
Maggio 2015

L’Imatinib ha cambiato la prognosi della leucemia mieloide cronica (LMC) in modo drastico.

I pazienti di nuova diagnosi con LMC, che iniziano il trattamento con imatinib, beneficiano di un’aspettativa di vita normale, rispetto ai 2 o 3 anni di mediana storica. Oltre alla sua eccezionale attività terapeutica, l’imatinib è un farmaco notevolmente sicuro.

 

Gli inibitori di tirosino chinasi di seconda e terza generazione (TKI) sono stati sviluppati principalmente per l’uso di seconda e terza linea: bosutinib, dasatinib, nilotinib e ponatinib costituiscono un insieme di formidabili “ruote di scorta” per pazienti il ​​cui trattamento con imatinib fallisce, costituendo un’opzione valida per oltre il 50% di questi pazienti. Questi farmaci contribuiscono a mantenere un’aspettativa di vita normale per i pazienti con LMC che iniziano il trattamento con imatinib di prima linea e poi si trovano a doverlo sostituire. Dasatinib e nilotinib vengono utilizzati anche in prima linea e sono stati commercializzati in maniera aggressiva come sostituti dell’ormai “stantio” imatinib.

 

La presunta superiorità dei TKI di seconda generazione è basata su 2 studi: i protocolli DASISION e ENESTnd, che hanno mostrato una riduzione più rapida dei trascritti del gene BCR / ABL1, un aumento dal 10% al 15% della velocità di risposte citogenetiche complete (CCR) a 12 mesi e una protezione dalla trasformazione della malattia verso la fase accelerata-crisi blastica (APBC) dal 2% al 3,5%. Questo ultimo dato, tuttavia, non è definitivo: sebbene statisticamente significativo nello studio ENESTnd, tale dato è stato evidenziato come una “tendenza” statisticamente insignificante nello studio DASISION. Infatti, una successiva replica indipendente dello studio DASISION non ha mostrato alcuna differenza tra la progressiva e l’APBC tra i pazienti trattati con imatinib e dasatinib.

 

Inoltre, il modo in cui i dati sono stati inizialmente raccolti nello studio ENESTnd solleva dubbi sul fatto che alcuni pazienti potrebbero aver sospeso la partecipazione allo studio per ragioni diverse da quelle riportate. Poiché la differenza tra i 2 gruppi di pazienti è piccola, anche alcuni pochi casi possono avere un impatto sostanziale sui risultati finali. Infatti, un recente aggiornamento dello studio ENESTnd, presentato alla riunione dell’American Society of Hematology del 2014, ha mostrato che la differenza tra i gruppi trattati con imatinib e nilotinib 300 mg due volte al giorno ha perso la sua significatività statistica. Infine, una recente replica di ENESTnd (ENESTChina) in 267 pazienti cinesi non ha mostrato alcuna significativa differenza nella sopravvivenza o nella progressione della malattia (1,5% in ciascuna fase braccio) e tassi di CCR a 6-mesi (66% vs 57%) e a 12 mesi (77% vs 77%) tra i pazienti con LMC di nuova diagnosi trattati con imatinib o nilotinib; l’unica differenza significativa osservata era nel tasso di risposta molecolare maggiore a 12 mesi.

 

Va ricordato che è sempre difficile discernere un valore prognostico indipendente per le risposte molecolari al di fuori di quelle citogenetiche. Se l’ottenere risposte “più veloci e più profonde” usando TKI di seconda generazione non si trasforma in una prognosi migliore, allora questo fenomeno di per sé non dovrebbe determinare un cambiamento nella terapia.

 

La superiorità delle TKI di seconda generazione rispetto a l’imatinib, in termini di attività terapeutica di prima linea, sembra discutibile. Anche i profili di sicurezza di questi farmaci sono oggetto di dibattito: il Dasatinib produce versamento pleurico e pericardico in un numero considerevole di pazienti, specialmente dopo un uso a lungo termine. Il Nilotinib è ancora più pericoloso: il farmaco causa una sorta di “sindrome metabolica” caratterizzata da un aumento dei livelli di glucosio, colesterolo e trigliceridi, che portano al diabete mellito clinico fino al 18% dei pazienti e ad aterosclerosi accelerata e trombosi arteriosa, oltre a malattie occlusive delle arterie periferiche in una proporzione ancora non specificata di pazienti (può essere valutata tra il 5% e il 25% dopo 5 anni di trattamento).

 

L’Imatinib, al contrario, mostra un profilo di tossicità notevolmente sicuro, anche negli studi a lungo termine. Tuttavia, i suoi effetti avversi sono avvertiti dai pazienti: possono diminuire la loro qualità di vita, l’aderenza alla cura e causare fallimenti terapeutici. Quindi questo scenario deve essere affrontato dai medici. A tale riguardo, l’organizzazione logistica della cura gioca un ruolo fondamentale nel risultato finale, come testimoniano le ampie variazioni nei tassi di risposta in diversi contesti logistici analizzati: le percentuali di CCR dopo 12 mesi di terapia con imatinib possono variare da valori prossimi al 90% e scendere fino al 40% e persino al 18% a seconda di impostazioni diverse nell’organizzazione della cura.  Un’analisi recente eseguita negli Stati Uniti, fatta su tipi di gestione diversi della LMC a livello logistico e geografico e dei loro effetti sulla sopravvivenza dei pazienti, supporta questa conclusione.

 

Un ultimo punto riguarda i costi delle diverse terapie: anche quando non vengono considerati altri fattori, il costo per l’utilizzo di imatinib diminuirà sostanzialmente nel 2015, almeno negli Stati Uniti, a causa della scadenza dei brevetti. Pertanto, il costo di 1 anno di vita salvato, utilizzando i differenti TKI, sta per divergere in modo drastico a favore dell’imatinib. Questo fatto sarà rilevante in futuro quando dovranno essere prese decisioni attente in ambito di budget. L’Imatinib generico è disponibile dal 2013 in Canada e Corea del Sud a prezzi compresi tra il 10% e il 25% rispetto alla versione di marca. La disponibilità dell’imatinib generico faciliterà l’accesso a questo costoso farmaco in paesi come gli Stati Uniti e contribuirà all’eliminazione dei relativi ostacoli finanziari, documentati in precedenti studi di diversi paesi. In tale scenario, se l’imatinib generico avrà un costo compreso tra il 10% e il 30% rispetto al prodotto di marca e l’organizzazione della cura per i pazienti con LMC sarà ottimizzata, negli Stati Uniti è prevedibile un miglioramento della prognosi a lungo termine in tali pazienti e ció sarà testimoniato dalla riduzione delle differenze percentuali di mortalità per la LMC che ora si registrazione tra registri USA e altri registri come il Registro Svedese dei tumori, dove le differenze sono attualmente di circa il 20%.

 

Quindi, ciò che qui è “antiquato” è solo la durata di vita del brevetto imatinib. L’imatinib sta bene e la sua forma generica rappresenta il vero “nuovo” TKI per il 2015. Un rigoroso controllo di qualità sull’efficacia e la sicurezza dell’imatinib generico e un numero sufficientemente elevato di produttori (> 5) saranno gli elementi fondamentali per garantire fiducia nel suo uso.